“Ho 6 figli che ogni giorno mi trasmettono l’energia e la gioia per continuare a combattere questa bellissima avventura che è la vita”. Se il Professor Pierluigi Stefàno è tra i migliori cardiochirurghi italiani, il merito è dei suoi figli: la più piccola di 3 anni. “Da quando è nata, sono ringiovanito di vent’anni, mi dà una forza incredibile”. E continua a operare tutti i giorni. Dieci ore al giorno in sala operatoria. A guardare cuori che pulsano, cuori che non pulsano più, sangue che scorre, arterie come autostrade. Spasimi e respiri. Ardore e battiti. Rintocchi d’anima, alla frontiera della vita. E lui lì, a tentare di salvarle, quelle vite che si aggrappano alla medicina. Alla scienza che salva. Come al fronte di una guerra invisibile. Bisturi, forbici, lacci, aghi, ossigeno. E paura, quella di tutti: pazienti, medici, infermieri. Quella degli uomini.
“Ogni giorno vedo persone che soffrono”. E quando sei lì – sulla pelle del dolore, con la fronte grondante sudore – il tuo cuore si fa duttile, sensibile ai martiri del mondo. Che sono qui, tutt’attorno a noi. E allora succede questo, succede che quando il primario Stefàno sveste il camice, indossa la veste di Babbo Natale. E insieme alla storica Compagnia di Babbo Natale, va in giro per la città a donare regali ai bambini più sfortunati. “L’altro giorno eravamo alla Caritas”. Bambini poveri, malati, disabili. “Ma ogni volta è una festa, vedere quella gioia pura nel volto dei più piccoli è una sensazione unica”.
Eccolo il Professor Stefàno come nessuno l’ha mai visto. Fuori da Careggi. Monta su quel trenino che, tra luci accese e braccia tese, sparge sorrisi d’argento. E i bambini ridono, corrono, fremono. Sfolgorano gioia. Quando vedono quei 200 Babbi Natale, gli occhi languidi diventano vermigli. “Emozioni uniche” dice Stefàno. Fa il Babbo Natale ormai da anni, ma silenziosamente. “Perché questa dovrebbe essere la cosa più normale del mondo, le persone che lavorano tanto e hanno uno stipendio buono come il mio, avrebbero il dovere morale di fare qualcosa per le persone più sfortunate. A tutti loro dico: andate a trovare i bambini malati, andate negli oratori, nelle parrocchie, negli ospedali. E donate, non solo soldi, ma anche tempo”.
Lui fa così, perché così gli ha insegnato suo padre, in quel pezzo di vita vissuta a Otranto, dove pulsa forte il cuore del Professore. “La mia indole ad aiutare il prossimo nasce da lì, da mio padre e mia madre, a loro devo tutto, sono loro che mi hanno insegnato il valore della famiglia”. E che famiglia sia, allora. “Passerò Natale con mia moglie e le mie bambine, attorno a un tavolo agghindato a festa e accanto a un albero acceso”.