Costa San Giorgio, a farla in bicicletta, è un vero rompistinchi. Anche se hai vent’anni e non sei un sedentario. «Non avevo mai visto una salita del genere» ammette Yiftalem Parigi, che una sera si è trovato davanti quello scoglio d’asfalto piazzato tra sé e la sua meta, l’abitazione nella quale avrebbe dovuto consegnare il cibo. «Gli ho detto di ordinare una pizza, la prossima volta, almeno vengono a consegnare in motorino».
Yiftalem è uno dei tanti rider che potreste veder sfrecciare il venerdì sera per le strade di Firenze con il giubbino e il cassone di una nota azienda di servizio cibo a domicilio. Nato in Etiopia, adottato da una coppia fiorentina, frequenta il secondo anno di Economia aziendale. Da tre anni ha iniziato a collaborare con le piattaforme di food delivery. «Qualche soldo in tasca non mi dispiaceva averlo e così ho iniziato. I miei genitori non erano affatto contenti. Hanno cercato di dissuadermi proponendomi un aumento della paghetta. Certo, attraversare le Cascine al buio fa paura anche a me, ma questo lavoro mi piace. Sarà perché sono fortunato e non lo devo fare per vivere».
Yiftalem si è organizzato: durante la settimana fa lo studente universitario e dal venerdì alla domenica, dalle 19 alle 23, consegna cibo a domicilio. «Ormai i miei amici lo sanno che il sabato sera arrivo da loro solo sul tardi, non è un problema. Se poi sono sotto esame o magari ho un impegno inderogabile, faccio in modo di cambiare il turno».
Musica negli auricolari, in sella alla bici e via, tra i capannelli di chi sta prendendo l’aperitivo, tra le file di auto bloccate dal traffico serale da weekend, a zig zag e in controsenso. «Eh, lo so, questa è una nota dolente… Ho rischiato tante volte» ammette. «Ma se rispettassi tutti i sensi, non riuscirei mai a consegnare in 15 minuti. Più veloce vado, più guadagno. Per fortuna non devo tirar su così tanto da essere costretto a prendere il rosso, ma è pur sempre un cottimo».
Yiftalem non guadagna molto: “Ho una paga media di 6 euro netti all’ora. Corro, corro, cerco di non sentire i dolori alle gambe e anche al cassone non ci faccio più caso quando sono in turno. Mica come la prima volta che me lo sono messo sulle spalle, faceva un caldo assurdo e mi pesava sulla schiena, lo percepivo ingombrante e innaturale. Io, che ero abituato a usare la bici per fare passeggiate con gli amici, mi ritrovavo a pedalare un po’ ingobbito e affaticato». E talvolta succede di pedalare sotto la pioggia: «Quando piove, ci sono più consegne, mi infilo un cappellino paraocchi e continuo a pedalare».
Poi ci si fa l’abitudine, assicura Yiftalem. E ci sono le mance a tirarti su il morale: «Per gli stranieri è un’abitudine, e adesso stanno iniziando anche gli italiani. Una volta un inglese mi ha allungato 10 euro su un ordine di 30: una gran bella cifra. Ad aver tempo a disposizione, si potrebbero intavolare anche piacevoli conversazioni. Le persone a cui consegno il pasto si dimostrano spesso curiose e interessate al mio lavoro, soprattutto da quando la questione dei rider è arrivata alla ribalta delle cronache. Una volta, una famiglia voleva a tutti i costi che rimanessi a condividere con loro il cibo che avevo consegnato. Ho dovuto dire di no, purtroppo. Non posso mai fermarmi, cerco però di sorridere e di risultare educato».
I ristoratori, quelli sì che fanno perdere tempo: «Contro i loro ritardi difficilmente possiamo proteggerci. Alcuni sono carini e ci chiedono scusa per averci fatto aspettare troppo davanti al locale, in attesa di prendere la consegna. Altri se ne fregano proprio. Uno di loro, di cui non farò il nome, ci faceva attendere anche mezz’ora. Ci sono state proteste da parte dei rider, anche liti. Poi, in blocco, abbiamo iniziato a rifiutare le sue consegne» racconta ancora Yiftalem che tra i ciclofattorini fiorentini è molto conosciuto perché impegnato anche sul fronte sindacale. «Mi piace aiutare quelli che iniziano adesso, dare loro consigli, le questioni contrattuali e la tutela dei lavoratori mi appassionano. Siamo una comunità e dobbiamo stare uniti».