Le scarpe rotte, l’astuccio senza penne, la scatolina con l’eroina di babbo e mamma e le file con loro al Sert. La storia di Massimo parte da qui, dalla sofferenza di un bambino con due genitori eroinomani a Vicchio. Oggi lo ritroviamo nello stesso posto, ma con il sorriso di chi ha riscattato gli anni più brutti e ha trasformato la sua passione in professione, tutto grazie all’amore della sua vita: i cani. Oggi Massimo è un addestratore famoso in tutta Italia, ha lavorato in televisione e portato il suo cane Maghino su tanti palcoscenici, addirittura fino al set di Steven Spielberg. Un ex bambino bullizzato a scuola che ha fatto scelte coraggiose, e faticose – “ha rotto le sue catene”, dice – e che lo hanno portato ad essere un uomo di 42 anni in pace con se stesso.
Ricorda tutto Massimo, da quando era molto piccolo. “Fino a 8 anni, potevo andare o non andare a scuola, non rientrare a casa, non importava molto ai miei genitori. Era la mia normalità. La tossicodipendenza era entrata nella nostra quotidianità. Ricordo che c’era questa scatolina che dicevano a me e mia sorella di non toccare, ma ovviamente appena non ci controllavano l’aprivamo e dentro c’erano eroina, siringhe e quello che serviva per bucarsi. Ricordo quando i miei genitori si addormentavano sul divano, completamente fatti. Appena si bucavano erano felici, ma quello che ricordo bene e che mi faceva male era la sensazione di non presenza. Erano lì, ma allo stesso tempo altrove: non con me”.
In un piccolo paese si può vivere molto bene, “ma anche molto male se hai una situazione unica come la mia – ricorda Massimo – C’era la vergogna di andare a scuola con le scarpe rotte, l’astuccio senza penne, il dover chiedere sempre tutto perché non avevo niente. A scuola venivo anche bullizzzato e andavo a mangiare sempre da qualche amico perché il paese mi aveva un po’ adottato. Da me, niente pranzi della domenica, anzi non sapevo mai se c’era qualcosa da mangiare a casa. Dover sempre chiedere qualcosa a qualcuno è stato un grande problema per me, credo sia la molla che mi ha spinto a fare poi tutto da solo”.
Ricorda anche le botte, Massimo. “Mio padre era violento. Mia madre spesso era segnata, anche io e mia sorella spesso avevamo segni addosso. Bastava un pretesto per scatenare il finimondo. Non avevo parenti e i rapporti con i miei erano difficili. Provavano a smettere, prendevano il metadone, andavo al Sert con loro, ma poi ricominciavano”. La vita di Massimo è questa fino a 8 anni, poi lo Stato interviene. Gira l’Italia per istituti, finché a 14 anni la madre si disintossica e torna a riprenderselo. “Dura poco perché eravamo troppo distanti, così finisco la terza media e vado via di casa”. Arriva a 18 anni commettendo un errore dopo l’altro: “Faccio e provo di tutto, a cominciare dall’eroina. Divento grande così, finché non mi guardo allo specchio e rivedo in me gli errori della mia famiglia, ero diventato come mia madre e mio padre, ero tutto ciò che avevo sempre ripudiato”.
La sua rinascita è tutta dentro il regalo che la mamma gli fece quando lo riprese con sé: un cane. “Era diventato subito il mio cane e con lui capii che avevo un dono, comunicare con gli animali. Così quando ho smesso di fare cazzate, sono ripartito da lì”.
Oggi a Vicchio non è più “il figlio dei genitori drogati”, ha un nome e una professione, ma per arrivare a questo punto di strada ne ha fatta. “La sofferenza è stata un motore. Mi ero rifugiato nell’unico mondo che conoscevo, quello della droga, ma non può essere un alibi per rimanere fermo e non potevo guardare solo al passato. La mia felicità è un progetto, faticoso, che porto avanti ogni giorno con costanza. Per superare la sofferenza devi affrontarla, ci devi stare dentro e assorbirla. Non passa con droga e alcol, bisogna avere il coraggio di patire con se stessi”.
Ha agito tante volte con rabbia, seguendo quella forza nera che lo marciva dentro, “ma poi ho imparato a gestirla, modellando le mie parti più aggressive, ed è cambiato tutto. Se non sai farlo, tutto diventa merda”.
I cani sono stati la sua nuova vita e, come per chi ha fatto un lungo viaggio dentro se stesso, è chiaro anche il perché: “Loro mi hanno fatto sentire amato, accolto, finalmente ascoltato. Sono la mia cura, la mia vera famiglia, mi hanno insegnato la tolleranza e il rispetto per la diversità. Con loro non servono le parole, perché è un’altra forma di comunicazione, molto più istintiva, che mi ha fatto rinascere. Grazie a loro sono riuscito a parlare di nuovo con gli umani, ho superato la mia timidezza e diffidenza, anche la depressione e la rabbia”. Oggi Massimo è un addestratore famoso, che ha lavorato in tutti i settori della cinofilia e con i massimi esperti, come Massimo Perla. La sua è stata una escalation di successi. Con un piccolo trovatello, Maghino, ha fatto un mezzo miracolo: lo ha salvato da una brutta situazione, lo ha curato e addestrato tanto da meritarsi il set più prestigioso, quello internazionale di Steven Spielberg, e quello nazionale di Italian’s Got talent, con tanto di standing ovation. “E’ stata un’emozione unica – ricorda orgoglioso – vedere il mio lavoro apprezzato a quei livelli, i tanti commenti positivi, la recensione di Vincenzo Mollica che ci ha portato su tutti i tg nazionali. E’ stato un bel riconoscimento, credo frutto del mio metodo di lavoro. Io non scendo a compromessi, lo sanno tutti, il mio cliente non è il padrone, ma il cane. Devo far stare ben lui prima di tutto”.
Massimo finalmente si sente in pace con se stesso, anche con i suoi genitori: “A modo loro mi hanno voluto bene, non posso guardare al passato, la vita è breve”. C’è ancora qualcuno a Vicchio che lo indica dicendo: “Oh, ma quello è davvero il figlio di Pino?”. “ Tutti avrebbero scommesso sulla mia brutta fine e invece no, ho rotto le mie catene. Oggi sono in buoni rapporti con tutti e mi ricorderanno come quello che ha un brutto carattere, ma è un genio con i cani. E ho vinto così”. La storia di Massimo è tutta qui, nella costruzione della sua felicità quotidiana. Il bambino che nessuno vorrebbe essere è diventato l’adulto che molti vorrebbero diventare.