Quando la giornata degli altri riparte, quella di Emiliano termina. Alle sei di mattina, il suo turno di notte alla Fonderia Palmieri di Settimello, a Calenzano, finisce. Dopo otto ore passate davanti a una “Spara anime”, un macchinario molto particolare che serve a creare calchi in ghisa, Emiliano ritrova l’aria fresca del mattino. Il cielo è ancora buio, ma senza stelle. Passa il 56. «Seduta davanti c’è sempre la stessa donna» ci racconta, «forse anche lei come me sta tornando a casa per riposare. I ragazzi del Bar Time, invece, sono già lì che puliscono, pronti ad accogliere i primi clienti. Una signora porta fuori il cane. Anche io mi sento parte di questo mondo particolare, al confine tra il giorno e la notte. Ho anche un gruppo whatsapp di lavoratori notturni: ci sono formai, camionisti, operai come me. È bello, ci scambiamo consigli, qualche battuta, insomma ci sentiamo meno soli».
A casa, Emiliano trova la famiglia ancora addormentata. Sua moglie e sua figlia di 12 anni insieme nel lettone: a lui hanno lasciato la cameretta, così potrà riposarsi indisturbato, senza sentire loro che si preparano per andare al lavoro e a scuola. Tappi nelle orecchie, tapparelle giù. «Se penetra un filo di luce, sono finito, non dormo più» ammette. «Comunque non riesco mai a riposare per più di cinque ore, e quando mi alzo mi sento un po’ un “fattone”, rimango sfasato per tutta la giornata. Vado alla casa del popolo a prendere un cappuccino, cerco di sbrigare qualche commissione, ma non riesco mai a sfruttare bene il mio tempo o a prendermi cura di me facendo un po’ di sport».
Lavorare di notte, come fa Emiliano, getta un’ombra irreale sul resto della giornata, è un po’ come andare controcorrente rispetto al normale flusso delle altre vite. «La sera, per esempio, a casa, ceniamo tutti insieme. Poi, mentre mia moglie e mia figlia si rilassano, guardano la tv o si preparano per andare a letto, io esco per andare al lavoro» conferma Emiliano. «Per mia figlia all’inizio era strano. Mi chiedeva: “Dove vai, babbo?”. Ora ci stiamo tutti facendo l’abitudine».
Emiliano ha iniziato a lavorare in fonderia nel 1995, ma solo da qualche mese effettua i turni di notte. «Il nostro contratto lo prevede, a fronte di un 30% in più in busta paga» ci dice. «Un aumento che a mio parere non compensa il disagio e le conseguenze che le nostre vite subiscono da un punto di vista fisico, organizzativo e sociale. Io per esempio ho notato che a lungo andare il mio metabolismo è cambiato, sono ingrassato, la pressione si è alzata, sono più stanco e nervoso».
Di notte, alla Fonderia Palmieri, sono sette gli operai che mandano avanti il lavoro, nel silenzio quasi totale, ognuno immerso nei propri pensieri. «Non abbiamo molta voglia di parlare o scherzare. Io ascolto la radio» prosegue Emiliano. «All’inizio, si parte bene, siamo tutti un po’ più freschi. Durante le pause, c’è chi mangia, chi si sdraia, chi osserva il buio dalla vetrata. Due operai musulmani pregano. Qualcuno dorme mettendo la sveglia sul cellulare. Una volta, ero a pezzi, mi sono appoggiato un attimo alla panca e mi sono addormentato. Per tornare lucido ho dovuto mettere la testa sotto l’acqua fredda».
Alle 4 di mattina la stanchezza diventa un nemico da tenere lontano con tutte le tue forze: «Io e i miei compagni ci incoraggiamo a vicenda, ci diciamo che è quasi finita, ma dopo tutte quelle ore in piedi, con le scarpe antinfortunistiche, l’unica cosa che desideriamo è sdraiarci su un letto. La cosa bella è che la notte amplifica il senso di solidarietà, ci sentiamo guerrieri al termine della battaglia e capiamo che dobbiamo rimanere compatti. Quando non sono di turno, il mio pensiero va sempre a chi in quel momento sta lavorando. E ogni tanto, a mezzanotte, esco a prendere sette pizze e le porto in fonderia per strappare un sorriso ai miei colleghi che hanno ancora qualche ora di duro lavoro davanti a sé».