“Mia madre veniva da una tribù del Camerun diversa da quella di mia nonna paterna, ed era un problema, ma mio padre la voleva e per questo ha sfidato la sua famiglia. Dopo il matrimonio sono nate tre figlie femmine”. Nella cultura camerunense, la nascita del maschio rappresenta ancora un evento che condiziona lo status famigliare: “Quando era incinta di me non sapevano il sesso. Lui diceva che sapeva sarebbe stato un maschio, usando le predizioni tradizionali. Era seduto nel suo ufficio, era un maestro di scuola media allora, e pensando a che nome darmi, ad un certo punto, gli è venuto in mente il nome Challenge: la sfida. Aveva ragione, ero un maschio”.
Dal giorno della sua nascita, a Bamenda in Camerun, Challenge ha onorato il significato del suo nome sfidando sempre se stesso. A 24 anni, con il peso sulle spalle di essere il primo figlio maschio, e quindi il futuro capofamiglia, Challenge ha chiamato sua sorella che viveva a Firenze già da cinque anni per motivi di studio. “Le ho detto che volevo approfondire i miei studi, e lei mi ha subito aiutato, è grazie a lei che sono qua. Mi disse: preparati Challenge, qua è tutto diverso. Mi ha pagato la scuola di italiano ed il biglietto aereo”. Il 17 agosto 2017, Challenge, prende un aereo ed esce dal Camerun per la prima volta per intraprendere la sfida più grande della sua vita: Firenze ed una nuova cultura.
Molto di quello che ha imparato dal primo giorno è stato grazie al cuore della sua sfida, il corso di laurea in odontoiatria: “Ero igienista dentale in Camerun, dopo una triennale, e potevo già avere uno studio e fare piccole operazioni di chirurgia orale nelle tribù. Qui però ho dovuto riiniziare da zero, come se non avessi mai studiato. Il corpo umano è lo stesso ma la teoria assolutamente no. All’inizio è stato difficile da accettare, ma ho sempre saputo di voler diventare un vero dentista”.
Il primo grande consiglio, ancora valido, è arrivato dall’Associazione Camerunensi di Firenze: “Mi sono iscritto subito e ho conosciuto altri ragazzi camerunensi che mi hanno spiegato la regola base: Challenge, fai di tutto ma non perdere mai la borsa di studio! Se perdi la borsa hai perso tutto, nessuno ti aiuta”. Da quando è atterrato, il suo focus quindi è stato solo uno: “Sono solo in questa sfida, sono io ad aiutare i miei genitori e non il contrario. Se non sono a lavorare sono a studiare, altrimenti mi sento in colpa”. Parallelamente ai suoi studi, la sua vita a Firenze prende piede e Challenge scopre presto il prezzo da pagare in quanto ragazzo di colore: “In Camerun, alla tv, se ne parla pochissimo di razzismo. Sapevo esistesse ma non mi spaventava, pensavo: non vado lì a fare del male a nessuno, vado a studiare, non ci saranno problemi. Quando un bianco viene in Camerun è visto come un ospite importante e viene accolto da tutti con molto rispetto, mi immaginavo lo stesso. Non avevo mai sentito parlare di destra, di sinistra, di politica italiana”. Si accorge che ciò che l’aspettava era diverso: “Ho capito che dovevo stare attento a fare delle cose, perché se sei nero vieni visto male. L’ho scoperto qui. Di solito me ne frego, perché si crea un’atmosfera di odio e non riesco a studiare”.
Le differenze che lo separano dai ragazzi italiani crescono nello stile di vita: “Pentole piccole le trovi solo nelle case dei single in Camerun! Altrimenti ci sono solo pentole grossissime adatte a famiglie molto numerose. Si cucina un piatto unico per tutti, spesso unico pasto del giorno”. Ancora oggi, dopo tre anni e mezzo, è incredulo di fronte alla facilità con cui accediamo a beni di prima necessità: “In una casa media italiana trovi la cucina, il bagno, la luce, l’acqua. A volte sono a casa e mi dimentico di accendere la luce, non mi sono ancora abituato, oppure passano due settimane senza che io possa sentire i miei genitori perché rimangono senza elettricità e non possono caricare il cellulare. Sento i miei compagni lamentarsi, e io sorrido. Sai quante colline salivo per cercare l’acqua? A piedi, portandole sulla testa o con bidoni da 20 litri. I miei lo fanno ancora”.
Nonostante la difficoltà ad affrontare tutto da solo, la sfida di Firenze è motivo di forte orgoglio: “Malgrado tutto sono fiero di me perché riesco a focalizzarmi sui miei obiettivi e ad apprezzare quello che ho. La borsa di studio me la tengo stretta stretta, ancora oggi mi permette di studiare e di alloggiare alla Casa dello Studente del Cipressino; sono finalmente al quarto anno di odontoiatria, ancora di strada ne manca ma è già un bel traguardo. L’unica cosa che spesso mi rende triste è poter accedere a tanti beni primari che i miei non hanno. Quando ci penso, non posso farci niente, mi fa stare male. Mi uccide ogni giorno. Vorrei avere la possibilità di condividere con loro quello che ho e mai avrei pensato di avere”.
Ormai esperto, Challenge saprebbe cosa dire al se stesso di qualche anno prima ancora ignaro di ciò che lo attendeva a Firenze: “Prima di parlare rifletti, sii consapevole dei tuoi limiti culturali, e ricorda prima di tutto il rispetto. Non dire mai ad una ragazza italiana che ha i brufoli! Preparati ad abbracciare un’altra cucina, l’odore dell’olio d’oliva ti darà la nausea solo per le prime due settimane, poi ti abituerai. Avrai beni primari in eccesso e non ti abituerai mai all’idea. È facile perdere i tuoi obiettivi, ci sono molti stimoli: ricordati sempre perché hai scelto di studiare”. E l’amore? Challenge ha tenuto fede al suo nome innamorandosi di una ragazza fiorentina.