Alessandro Penko, l’orafo figlio d’arte.
“Un onore tramandare la tradizione fiorentina di famiglia”

Alessandro Penko, 30 anni, maturità classica, un master in marketing digitale al PIN di Prato e poi artigiano nella storica e famosa bottega orafa del padre di cui appunto, porta il nome. "I giovani artigiani esistono, eppure in molti si sorprendono".

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“’Ah, non c’è il Maestro Penko?’. Quando agli eventi, anche quelli più prestigiosi, al suo posto mi presento io, il figlio, qualcuno a volte mi accoglie così”. A raccontare l’aneddoto è Alessandro Penko, 30 anni, maturità classica, un master in marketing digitale al PIN di Prato e poi artigiano nella storica e famosa bottega orafa del padre di cui appunto, porta il nome. “I giovani artigiani esistono, eppure in molti si sorprendono”.
In un tempo in cui le strade sembrano moltiplicarsi, sempre più illuminate da promesse di innovazione e successo immediato, Alessandro ha fatto una scelta controcorrente. Non ha inseguito la gloria esaltata da un mondo veloce, né si è lasciato sedurre dalle infinite opzioni che la modernità gli ha posto davanti. Ha preferito la via meno battuta, quella che affonda le sue radici nella storia e nei gesti pazienti del padre artigiano. Così, per lui, entrare nella bottega orafa di famiglia non è stato semplicemente un atto di continuità. È stato un tuffo nell’essenza stessa delle sue origini.

“È un onere e un onore diventare artigiano” dice Alessandro. Ha iniziato piano piano, prima aiutando i genitori, qualche giorno a settimana, curiosando tra i cassetti, le vetrine e gli strumenti che hanno reso celebre quel luogo incastonato dietro il Duomo. Poi, a tempo pieno. Dopo di lui, incuriosito da bozzetti, gemme, oro, argento e ottone è arrivato anche il fratello Riccardo. Come far funzionare il passaggio di testimone tra le mura di un’attività così ricca di storia? “Ognuno ha un ruolo, ognuno segue le proprie attitudini” continua Alessandro. Un modo per non schiacciare sotto il peso delle aspettative le nuove generazioni, libere di imparare il mestiere e adattarlo ai tempi.

“A volte non è facile gestire il negozio da solo, perché so di avere tante responsabilità e ancora molto da imparare da mio padre. Però sono anche orgoglioso di cosa abbiamo creato insieme, da zero”. Alessandro oggi si è ritagliato più spazio nella promozione commerciale dell’attività anche se mostrando le mani precisa: “Ho un paio di cicatrici per il lavoro manuale che non manca mai e infatti mi sono anche diplomato come gemmologo IGI. Non ci si improvvisa davanti ai clienti”. Le gratificazioni sono arrivate un po’ alla volta. “Nel 2020, portando i nostri gioielli alla sfilata di Dolce e Gabbana, ho sentito Domenico Dolce chiamarmi per nome in mezzo alla folla. Ecco, in quel preciso momento ho pensato ‘Beh qualcosa di buono devo averlo fatto anche io’”.  La soddisfazione di un genitore, soprattutto quando ti ha tramandato la sua arte, è inoltre uno stimolo. “Mio padre mi sprona sempre a fare di più a non accontentarmi mai”.

La bottega orafa dei Penko è una macchina ben oleata, una “signora” macchina. Conosciuta per le sue creazioni dal cinema di Hollywood alle passerelle d’alta moda e fino al Vaticano, è un’istituzione che tiene alto il nome dell’artigianato fiorentino. “Le responsabilità sono molte guardando al domani. Io mi sto dedicando al mercato americano perché mi stimola vedere il loro stupore verso di noi, come quando in negozio è entrato Tim Cook”. Oltre ai tanti lavori speciali, c’è però anche la quotidianità. Meno adrenalinica, ma non meno importante. “Il negozio alle 9:30 deve essere aperto mentre la chiusura dipende da cosa dobbiamo consegnare. Per il film ‘Conclave’, per esempio, abbiamo creato 530 gioielli per i costumi degli attori, tra croci e anelli. Eravamo in bottega giorno e notte”. Dove allora la forza dei giovani diventa fondamentale? “Quando si fanno le ore piccole e online. Ecco, quando al Maestro Penko si parla di social, lì interveniamo noi figli” scherza Alessandro.

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