Chiunque abbia un po’ di familiarità con Firenze Sud conosce Giorgio e la Cantina Pacini. Prima ancora che Piazza Gualfredotto e il quartiere 167 (dalla piazza in poi verso Bagno a Ripoli), come veniva chiamato, dice Giorgio, prendessero forma, suo nonno Francesco e suo babbo Augusto, contadini dell’Osteria Nuova, aprirono nel 1935 un negozio di Vino e Olio. “A quei tempi qui finiva il quartiere, poi c’erano solo campi e contadini. Noi bambini si correva qua e là, tanto non c’erano macchine, e si rubavano ciliegie e susine dai campi. Quando arrivò la guerra, il negozio era circondato dai carrarmati e gli americani ci regalavano stecche di cioccolato, gomme da masticare e un pane bianchissimo diverso dal nostro, era una grande emozione per noi bambini. Ricordo anche che davanti alla Villani, la mia scuola media, c’era un grande pino circondato da una pista da ballo luminosa, dove ci ballavano le americane”.
Questi i primi ricordi di Giorgio legati a Piazza Gualfredotto e alla nascita della bettola Pacini. Un mondo lontanissimo fatto di piccole cose genuine – lucciole nei campi, giochi di fantasia e un bicchiere di vino in compagnia – che significavano tutto. “Quando finii le medie, mio babbo mi disse: scegli, o la penna o il grembiule. E io di studiare non avevo voglia, non ci pensai un attimo: il grembiule! Così iniziai a lavorare nel negozio ed entrai nel mondo del vino, e oggi a 87 anni ci sono ancora. Non me ne sono pentito neanche un giorno. Era dura, di ferie si prendevano solo sei ore in tutto l’anno, ci svegliavamo alle 5, e le damigiane pesavano 65kg, ma venivamo ripagati dal senso di ritrovo che c’era attorno alla bettola. Bastavano pochi tavolini, qualche sedia e il vino, per radunare tutto il quartiere”.
Mentre Giorgio cresceva anche la Piazza e i dintorni si trasformavano: “Nel ’52 misero l’asfalto, i giardini, l’albero, e la fermata del bus proprio davanti alla nostra bettola. Era il capolinea del 7, ci scendevano tutti i muratori e gli operai, e si fermavano da noi a bere vino e gazzosa, era davvero un punto strategico. Poi il 4 novembre del ’66, cambiò tutto di nuovo. Levai da solo tutte le damigiane dalla cantina, pensando di salvarle, invece l’acqua sommerse tutto fino al primo piano, era rumorosissima e inarrestabile. Ricordo i camion trascinati via, i vicini sulle barche che navigavano in piazza, Umberto del negozio di scarpe, grande nuotatore e vogatore, che si buttò per salvare alcuni rimasti intrappolati; rimanemmo per mesi senza acqua e luce. Eppure ripartimmo, nonostante la cantina fosse tutta di fango, rimboccandoci le maniche tornammo alla normalità”.
Pacini, nel tempo, divenne un marchio della piazza: “Dopo che morì mio padre, negli anni ’80, oltre alla bettola aprimmo il Bar Pacini lì accanto, e anche l’edicola poco più in là. Mi hanno aiutato i miei figli. La bettola, però, è sempre rimasto il nostro fulcro e la nostra firma. Oltre a vendere vino sfuso siamo imbottigliatori; scegliamo personalmente il vino e l’olio delle colline fiorentine e lo vendiamo con l’etichetta Cantina Pacini. È la nostra passione. Per questo, ad inizio degli anni 2000, abbiamo lasciato il nostro negozio storico davanti alla fermata e ci siamo spostati all’altro angolo della piazza, per avere una cantina più grande e adeguata. Di cantine così non ce ne sono in centro”.
Venduti bar e edicola, oggi in Piazza Gualfredotto rimane attiva la grande insegna “Vino Sfuso” della Cantina Pacini, unico negozio che Giorgio non ha mai pensato un secondo di vendere; a gestirlo ci sono suo figlio Paolo e la nuora Francesca, ma Giorgio continua a passare lì le sue giornate. “Prima c’erano tre rossi e un bianco, i contadini, le damigiane e la sicurezza di conoscere tutti. Oggi è un altro mondo. A volte mi sembra impossibile, quando mi guardo attorno, quanto tutto sia veloce e diverso. Eppure, io starei qui tutto il giorno, io e la bettola siamo quasi coetanei, siamo cresciuti insieme. Lei il prossimo anno compie novant’anni e mi piacerebbe fare una grande festa in tutta la piazza, per festeggiare un posto che ha resistito al tempo e ha messo il vino sulla tavola di tutti per quasi un secolo”.