Emanuele, perde il lavoro durante il Covid
e apre una bottega della carta in via dell’Agnolo

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“La monotonia mi ha sempre annoiato, di lavori ne ho fatti a bizzeffe: il postino, il sushi a Londra, l’accompagnatore turistico, il receptionist dell’Ostello Santa Monaca e, fino al Covid, il magazziniere in un’azienda di cartoleria. Tutti facevano tutto, ed io che già rubavo con gli occhi, mi sono messo ad imparare la parte manuale e artigianale del lavoro con la carta. Ho scoperto che mi riusciva usare le mani per creare qualcosa, Violante invece era già bravissima, aveva imparato da un artigiano che riparava libri per la Biblioteca Nazionale”.

Violante è l’altra giovane artigiana che ha seguito Emanuele nel suo sogno di bottegaio, e mentre lui racconta, lei è nel retrobottega a creare quaderni. “Arrivata la pandemia mi sono ritrovato senza lavoro, sono rimasto con il garage che avevo preso poco prima sognando di mettere su qualcosa migliorando le mie abilità manuali, e con i contatti fatti sul lavoro. Mi sono messo in società con un ex-collega, anche lui licenziato per la pandemia, cercando di trovare la nostra realtà nel mondo della carta mentre facevamo altri lavoretti. Un americano che conosceva lui aveva bisogno di una grossa fornitura di album per fotografie, e ci siamo detti: proviamoci”.

Nella sua nuova bottega Emanuele fa tutto con la carta: quaderni di tutte le taglie, album fotografici, cornici, segnalibri. Un mondo fantastico. Un mondo che non c’è più ma che qui resiste. Ogni giorno. Lo spazio nel garage piano piano diminuisce, e il bisogno di strumenti adeguati aumenta, di lì a breve sarebbe avvenuta quella che Emanuele definisce “la connessione astrale”: “Avevo già chiamato Violante ad aiutarmi, in quel periodo, ma avevo bisogno di un fondo, di un laboratorio. Un giorno incontrai Francesca, figlia di Carlino (Carlo Saitta), l’artigiano che produceva carta marmorizzata per l’azienda in cui lavoravamo, morto a 86 anni per il Covid. Le dissi: “Io avrei bisogno di una pressa, ce l’hai?” E lei mi rispose che c’era l’intera bottega di suo padre, in Via dell’Agnolo, vuota e inutilizzata da quando se ne era andato. Che non voleva snaturarla ma non sapeva a chi darla. Quando le dissi subito che volevo entrarci pensava scherzassi, e invece oggi siamo qui”.

La bottega di Via dell’Agnolo, registrata oggi come Florentia S.r.l, è un luogo fermo nel tempo, pieno di strumenti, macchine, carta marmorizzata, colori e odori che lo rendono un vero museo dell’artigianato: “Lo stiamo rimettendo a posto, stiamo recuperando tutte le postazioni, e riordinando il laboratorio. Francesca è contenta che il posto sia rinato, noi non cercavamo altro. L’artigianato non è morto, è cambiato ma c’è, nascosto nei vicoli del centro, e riuscire a farlo significa fare parte della storia di questa città. Certo, è un salto nel vuoto e non è semplice, infatti ogni tanto passo dal Piazzale, guardo Firenze e dico: ciccia, dammi una mano che cerco di farti diventare più bella! Ma io sono cresciuto così, nella mesticheria di mio nonno, per me la familiarità delle botteghe, di conoscere chi hai intorno, offrire il caffè alla fornaia, e ritirare la posta per la sarta in maternità, è la cosa più bella del mondo. Mi dà calore”.

Se passate da Via dell’Agnolo 28R troverete sempre Emanuele, contento di farvi entrare in uno spaccato fiorentino che ancora tanti giovani provano a mantenere vivo: “Lavorare con le mani è meraviglioso, crei qualcosa che entra nel quotidiano delle persone, e le accompagna nella vita. Per questo sono sempre disposto a mostrare la bottega a chi me lo chiede, e di essere felice di fare quello che faccio”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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